La Corte d’Appello di Catanzaro (1) ha riconosciuto che gli operai forestali hanno diritto al rimborso chilometrico previsto dal loro contratto nazionale, senza sconti o tagli. È una vittoria importante: il contratto non può essere ridotto per “risparmiare”, e quando una regola tutela il lavoratore, quella regola va rispettata.
Li ricordiamo bene. Era una mattina fresca, una di quelle in cui l’odore della montagna entra dentro lo studio prima ancora di aprire la finestra. Tizio, Caio e Sempronio – sì, proprio loro – entrarono uno dopo l’altro. Mani segnate dal lavoro nei boschi, voce bassa, ma dignità alta. «Avvocato… noi vogliamo solo quello che il contratto ci garantisce», disse Tizio. Mi porsero le buste paga, i tragitti, le giornate intere passate a salire e scendere per raggiungere i cantieri. Ogni volta con la propria auto, ogni volta senza ricevere il giusto rimborso chilometrico. La legge glielo riconosceva. Il contratto glielo riconosceva. Ma nei fatti… non lo vedevano mai. Caio, più diretto, aggiunse: «Avvocato, noi il lavoro lo facciamo. È giusto che ci paghino come dice il contratto, non come conviene all’amministrazione.» E Sempronio, con calma, quasi come se si scusasse di disturbare, chiuse così: «Noi non vogliamo nulla di più. Solo quello che ci spetta.»
In quel momento fu chiaro: non era una battaglia sul denaro. Era una battaglia sulla giustizia. Così, con i colleghi Dario e Carlo, decidemmo di aiutare i sig.ri Tizio, Caio e Sempronio.
L’indennità chilometrica è un rimborso che spetta al lavoratore quando usa la propria auto per raggiungere il luogo di lavoro. Non è un premio, non è un “aiutino”: è parte dello stipendio, perché il lavoratore sostiene una spesa per svolgere il proprio lavoro. Per gli operai forestali, il loro Contratto Nazionale (CCNL) dice una cosa chiara: per ogni chilometro percorso devono ricevere un quinto del costo della benzina. Esempio semplice: se un litro di benzina costa 2 euro, un quinto vale 0,40 euro a chilometro.
I lavoratori ricevevano un rimborso forfettario, deciso sulla base di un Piano regionale. Peccato che: – il contratto nazionale prevedeva un rimborso diverso e più equo; – la Regione aveva già previsto i soldi per applicare quel contratto (lo dice il decreto dirigenziale); – il rimborso chilometrico non è un favore: è parte dello stipendio, perché il lavoratore usa la sua auto per necessità, non per scelta.
L’azienda non seguiva il contratto nazionale. Usava un sistema diverso: Un rimborso “forfettario”. Cioè una somma fissa, molto più bassa, prevista da un Piano regionale precedente. Quel sistema non guardava: né al prezzo reale della benzina; né ai chilometri effettivi percorsi; né ai disagi dei lavoratori che ogni giorno si spostavano con la propria auto. Il contratto diceva una cosa. L’Azienda ne applicava un’altra, più economica per il bilancio, ma meno giusta per i lavoratori.
Eppure, la prima sentenza aveva dato ragione all’amministrazione. Ma noi sapevamo, leggendo bene il contratto, che la storia non poteva finire così.
Il giorno della decisione, l’atmosfera era sospesa.E quando arrivò la sentenza, fu chiaro subito: avevano vinto loro. Aveva vinto la giustizia. La Corte ha detto cose semplici e decisive: il rimborso chilometrico è parte della retribuzione; una pubblica amministrazione non può tagliare ciò che il contratto garantisce; la copertura economica esisteva già, quindi non si poteva usare la scusa del “non ci sono i soldi”. In pratica: se una regola tutela il lavoratore, quella regola va applicata sempre. Non “quando conviene”.
Perché questa decisione non riguarda solo Tizio, Caio e Sempronio. Riguarda tutti noi.
💡 Quando un giudice conferma che un contratto non si può aggirare, sta proteggendo ogni lavoratore.
💡 Quando si dice che la retribuzione non si può comprimere, si sta difendendo la dignità del lavoro.
💡 Quando si firma un contratto nazionale, quello vale per tutti. Sempre.
È un messaggio forte:gli accordi non sono carta straccia. E se il lavoratore rispetta il suo dovere, la pubblica amministrazione deve rispettare il suo, non giustificare l’inadempimento per assenza di fondi.
Ricorda: La giustizia non è fatta solo di norme. È fatta di persone. E quando la legge serve a proteggere chi lavora, allora va fatta valere fino in fondo.
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