La Cassazione (1) ha stabilito che l’ex coniuge che riceve un assegno divorzile non può rifiutare offerte di lavoro serie e continuare a gravare sull’altro. Il principio è chiaro: l’assegno non è una rendita a vita, ma serve solo finché non si è in grado di mantenersi.
Una donna percepiva dall’ex marito un assegno divorzile di 48.000 euro annui. Durante il giudizio, una società collegata all’ex marito le aveva offerto: un lavoro a tempo indeterminato come impiegata; una polizza assicurativa integrativa ai fini pensionistici. La donna ha rifiutato, sostenendo che l’offerta non fosse rilevante. Ma i giudici hanno deciso diversamente: prima il Tribunale, poi la Corte d’Appello di Ancona, infine la Cassazione hanno revocato l’assegno.
L’assegno divorzile non è un vitalizio eterno. Il principio di autoresponsabilità impone al beneficiario di attivarsi per rendersi indipendente. La solidarietà tra ex coniugi non significa che uno debba mantenere per sempre l’altro se ci sono possibilità concrete di lavoro. Il rifiuto ingiustificato di un’occupazione congrua fa venire meno il diritto all’assegno.
👉 Se l’offerta è meno vantaggiosa dell’assegno, posso rifiutare?
No: non c’è diritto a mantenere lo stesso tenore di vita avuto durante il matrimonio.
👉 Cosa significa “offerta congrua”?
Un lavoro stabile, dignitoso, proporzionato alle competenze della persona.
👉 Se rifiuto un lavoro perché arriva da una società collegata al mio ex?
Non basta: conta la serietà dell’offerta, non chi la propone.
Con questa ordinanza, la Cassazione conferma un orientamento chiaro: l’assegno divorzile si fonda sulla mancanza di mezzi adeguati. Se ci sono opportunità lavorative reali, l’ex coniuge ha il dovere di coglierle.
Ricorda:l’assegno divorzile non è “una pensione a vita”. Se l’ex coniuge rifiuta offerte di lavoro serie, perde il diritto al contributo.
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