Il trattamento di fine rapporto, cosiddetto TFR o anche buonuscita, consiste in quella somma di denaro riconosciuta al dipendente alla conclusione del rapporto di lavoro. Spetta al lavoratore, indipendentemente dai motivi della cessazione, tanto nel caso di licenziamento che di dimissioni. Dal 2018 non è possibile ottenere in busta paga, insieme alla retribuzione, una quota del TFR.
Il TFR è dovuto, secondo la legge (1), ai lavoratori dipendenti subordinati del settore privato e ai pubblici assunti dopo il 2000. Sono esclusi i lavoratori autonomi.
In caso di necessità, il dipendente può chiederne una anticipazione, come nel caso di acquisto della casa prima casa per sé o per i figli, o per affrontare eventuali spese sanitarie per terapie straordinarie da parte delle ASL competenti.
La legge stabilisce che il TFR può essere anticipato una sola volta. Può essere richiesto dal dipendente che ha un rapporto di lavoro continuativo da almeno 8 anni e nella misura massima del 70%.
Per ogni anno di lavoro viene quantificato sommando una quota pari alla retribuzione annua lorda (cosiddetta RAL) divisa per il coefficiente 13,5. L’importo è calcolato al lordo in quanto si tengono in considerazione le tasse. Dalla somma va detratto lo 0,5% dello stipendio annuale, quale quota annuale da versare all’ INPS. La somma poi è incrementata con l’applicazione del tasso dell’1,5% a misura fissa più il 75%, quale rivalutazione dei prezzi al consumo (inflazione anno di riferimento). In tal modo, al momento della conclusione del rapporto di lavoro, il datore corrisponderà il TFR in base all’indice ISTAT aggiornato alla data di cessazione.
Tizio dipendente di Caio dall’inizio dell’anno ha uno stipendio annuo lordo pari ad euro 35.000,00. Il primo anno l’accantonamento del TFR sarà pari a:
primo calcolo: € 35.000,00 : 13,5=2.592,59 quota lorda annua
secondo calcolo: 0,5% di € 35.000,00 = € 175,00 quota INPS
terzo calcolo: € 2.592,59-€ 175,00= 2.419,59 quota INPS da sottrarre dal TFR lordo
per il primo anno di lavoro il TFR che spetta al lavorator è pari ad € 2.419,59.
A differenza di quello che si sente dire, il TFR va pagato al termine del rapporto di lavoro insieme all’ultima busta paga. Nel caso di ritardo sono dovuti gli interessi. In alcuni casi, però, i Contratti Collettivi Nazionali di categoria posso stabilire tempi diversi, che comunque restano brevi.
In questo caso il lavoratore, decorso anche il termine indicato nel Contratto Collettivo Nazionale di categoria, può chiedere il pagamento del TFR. Se il datore di lavoro non provvede dopo l’invito bonario di pagamento, fatto dal lavoratore anche attraverso l’invio di una raccomandata, il dipendente potrà rivolgersi all’ispettorato del lavoro o al giudice del lavoro.
Protocollata la richiesta di intervento dinanzi l’Ispettorato territoriale del lavoro, saranno convocate le parti per tentare una definizione bonaria. Se il datore di lavoro non corrisponde il TFR, l’Ispettorato lo diffiderà a riconoscere le somme interessate. La diffida dell’Ispettorato del lavoro acquista efficacia di titolo esecutivo (in sostanza si può promuovere l’esecuzione forzata come ad esempio il pignoramento).
Il lavoratore propone a mezzo di un avvocato ricorso al Tribunale competente in funzione del giudice del lavoro, per ottenere un decreto ingiuntivo. Il decreto ingiuntivo viene notificato al datore di lavoro e se non dotato di provvisoria esecuzione, diventa esecutivo dopo 40 giorni decorrenti dalla notifica. Se il datore non paga e non fa opposizione, il lavoratore potrà promuovere l’esecuzione forzata (es. il pignoramento).
Il lavoratore che ha cessato un rapporto di lavoro subordinato, dinanzi il datore di lavoro insolvente, può chiedere all’INPS l’intervento del Fondo di Garanzia per il Trattamento di fine rapporto (2).
La legge prevede che il fondo interviene per il pagamento delle ultime tre retribuzioni e del TFR (3).
Dobbiamo fare una distinzione. Nel caso di pendenza di procedure concorsuali, i requisiti per chiedere l’intervento del Fondo di Garanzia sono: 1. La cessazione del rapporto di lavoro subordinato; 2. lo stato di insolvenza del datore di lavoro e l’apertura di una procedura concorsuale di fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa o di amministrazione straordinaria; 3.L’accertamento del credito a titolo di TFR mediante ammissione al fallimento.
In questo caso i requisiti sono: 1. Cessazione rapporto di lavoro; 2. inapplicabilità delle procedure concorsuali al datore di lavoro; 3. TRF rimasto insoluto; 4. Insufficienza delle garanzie patrimoniali a seguito di esecuzione forzata.
Il Trattamento di fine rapporto viene erogato in tutti i casi di cessazione del rapporto di lavoro, aldilà di quella che è la ragione della conclusione. Il datore di lavoro deve periodicamente accantonare e riportare in bilancio le quote corrispondenti alle somme necessarie per il TFR dei lavoratori dipendenti maturati nel periodo. Molto spesso, però, le aziende usano tali somme per affrontare le spese necessarie al sostentamento e funzionamento. In ogni caso le somme accantonate dovranno risultare nel bilancio, così da individuarne l’ammontare e favorirne la liquidazione.
1. Art. 2120 c.c.
2. Art. 2, legge 29 maggio 1982, n. 297.
3. Gli articoli 1 e 2, decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 80, il Fondo interviene anche per le retribuzioni maturate negli ultimi tre mesi del rapporto.
