Anche se oggi può sembrare una rivendicazione della parità di genere, in Italia, fino a poco tempo fa, questo diritto veniva considerato, da alcuni, come una profonda discriminazione sociale, culturale ed emotiva. I cognomi trasmettono storie, valori ed è fonte di discriminazione il non poter scegliere se dare al figlio entrambi i cognomi. È anche vero, però, che la scelta del cognome paterno, costituiva anche una finezza psicologica. Attraverso il cognome del padre, si rendeva ufficiale la filiazione, atteso che mater semper certa est, pater numquam. Aldilà delle fazioni, di chi ancora vede la migliore soluzione nel cognome paterno rispetto a quello doppio, di recente è risultata particolarmente interessante la pronuncia della Corte d’Appello calabrese, che ha ritenuto non condivisibile la tesi del Tribunale, secondo cui l’aggiunta del secondo cognome, per un figlio naturale, reca un pregiudizio in quanto “evidenzia una possibile anomalia nelle vicende familiari”.
Il figlio naturale può essere riconosciuto dal padre e dalla madre, anche se uniti in matrimonio con altra persona all’epoca del concepimento. Il riconoscimento è una dichiarazione formale che il genitore fa dell’esistenza del rapporto biologico di filiazione (così chiamato il rapporto che lega genitori e figli) esistente con altro soggetto il quale acquista lo stato di figlio del dichiarante a tutti gli effetti.
La dichiarazione di riconoscimento di un figlio nato fuori dal matrimonio è un atto solenne e irrevocabile. Può essere formalizzata nell’atto di nascita, davanti l’Ufficiale di stato civile, in atto pubblico, in un testamento, dal Giudice Tutelare. La legge dispone che il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il figlio non ha compiuto 16 anni, il riconoscimento del primo genitore non è sottoposto a condizioni. Se anche il secondo procede al riconoscimento, si delineano due casi:
a- C’è il consenso del primo, il quale è necessario, allora si avrà il doppio cognome;
b- Manca il consenso del primo, allora sarà necessario rivolgersi al Tribunale.
Il giudice sarà chiamato a valutare se il secondo riconoscimento risponde all’interesse del minore, valutando i motivi del diniego. Per la valutazione il Tribunale dispone di poteri inquisitori ai fini della necessaria indagine, potendo discostarsi dalle allegazioni delle parti. Ad esempio, esistono casi in cui il giudice ha negato il cognome paterno quando lo stesso è collegato ad ambienti criminali di particolare rilievo nazionale.
In generale, il concetto si definisce tenendo conto dei bisogni e degli obiettivi del minore. Pensiamo all’aspetto personale, sociale, economico, familiare, relazionale. Nella maggior parte dei casi, gli interessi sono collegati alla bigenitorialità, che amplia la sfera dei rapporti affettivi del minore, ne arricchisce la personalità e garantisce una maggiore tutela sotto tutti gli aspetti.
Una madre, che per prima aveva riconosciuto la figlia, si oppone al riconoscimento da parte del padre.
Il Tribunale emette una sentenza che tiene conto del consenso negato e attribuisce alla bambina il solo cognome paterno. Secondo il giudice, la legge dispone che se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre. La madre propone appello, chiedendo l’attribuzione del doppio cognome.
La Corte Costituzionale ha dichiarato e disposto come regola, salvo differente accordo tra i genitori, l’attribuzione, in automatico, ai nuovi nati del doppio cognome.
L’attribuzione del cognome paterno è la tradizione di una concezione patriarcale della famiglia ed è discriminatoria, mentre il doppio cognome comporta il riconoscimento più immediato e diretto del paritario rilievo di entrambe le figure genitoriali.
Il riconoscimento da parte del padre risponde ai bisogni affettivi e alle esigenze economiche e sociali del minore, essendo la presenza di entrambi i genitori elemento essenziale di identificazione della persona e fattore che contribuisce alla crescita e alla educazione equilibrata del minore. L’attribuzione del doppio cognome al figlio nato nel matrimonio, elimina ogni fonte di discriminazione.
I giudici del secondo grado hanno riformato la sentenza. A loro dire la scelta del giudice è in contrasto con le motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale, poiché il doppio cognome comporta il riconoscimento immediato delle figure genitoriali. Inoltre, la valutazione di un possibile disfavore sociale è del tutto inattuale, vista l’evoluzione dei costumi e della coscienza pubblica, proiettata al superamento di antichi pregiudizi.
Ci sono casi in cui, al contrario, la giurisprudenza si è regolata in modo differente. Pensiamo al trattino apposto tra i cognomi della madre biologica e della madre intenzionale in sede di trascrizione di sentenza straniera di adozione. In tale fattispecie, l’assunzione di un doppio cognome, caratterizzato da un trattino, secondo la Corte di Cassazione, può effettivamente richiamare l’attenzione e suscitare ipotesi di diversità.
Il tema del doppio cognome è definito ormai come un principio che ha cambiato la storia. Il cognome del figlio deve comporsi con quello di entrambi i genitori, salvo loro diverso accordo, nell’ottica di una vita familiare basata sull’ eguaglianza.