LAVORO NERO, LA PROVA DELLE MANSIONI E IL DIRITTO ALLE DIFFERENZE RETRIBUTIVE

Come denunciare il datore di lavoro che non regolarizza il dipendente



Il sig. Caio, oggi, ha le vesti di un giovane argentino. Si trova in Italia per realizzare il sogno di diventare un calciatore professionista. Gioca nella squadra B della città e per arrotondare i guadagni, lavora come cameriere in un bar. Non è assunto, neanche come part-time. Ogni giorno, prima di andare ad allenarsi, accompagnato da un giovane procuratore sportivo, lavora dietro il bancone, serve i clienti al tavolo, prepara cocktail e caffè. Anche nei periodi di festa continua a svolgere l’attività di cameriere, percependo una retribuzione giornaliera di euro 20,00. Si rivolge al nostro studio, quando stanco dei ritmi, comincia ad avere problemi economici, non riesce ad allenarsi bene e non rientra nelle spese visto che nei 4 mesi di lavoro ha guadagnato pochissimo.

L’onere della prova

Prima di tutto bisogna precisare che quando si parla di adempimento di una prestazione nel rapporto di lavoro, come nel caso di mancato o parziale pagamento dello stipendio, è il lavoratore a dovere provare davanti al giudice i fatti posti alla base della sua richiesta.

Come si dimostra?

In questo caso, il lavoratore deve provare l’esistenza del rapporto di lavoro, i compiti espletati, il livello retributivo, i fatti posti alla base del suo diritto.

Non deve dimostrare di aver ricevuto somme, basterà dire che non è stato pagato, dovendo il datore di lavoro provare il corretto adempimento o eventuali fatti estintivi, modificativi o impeditivi all’obbligo retributivo.

Come aiutare il giovane Caio?

Dopo aver spiegato tutto al nostro assistito, ci rivolgiamo al giudice del lavoro, indicando il periodo lavorativo, le mansioni svolte e provando la ricostruzione dei fatti mediante i testimoni. In particolare, viene confermato dal suo procuratore, che Caio svolgeva i compiti di cameriere, sia al bancone che al servizio della clientela al tavolo. Produciamo anche le foto acquisite dalla pagina social del bar, dove il giovane Caio appare lavorare e in alcuni selfie con la proprietaria. Così chiediamo l’interrogatorio formale del datore.

Interrogatorio formale? Cosa vuol dire?

In sostanza è un mezzo di prova con il quale si provoca la confessione di fatti sfavorevoli all’ interrogata, che è parte della causa .

E nel caso di Caio il datore ha confessato?

No. Nella causa del giovane Caio, il datore di lavoro, seppur chiamato a rendere l’interrogatorio formale, non si è presentato.

E allora?

In questo caso la legge(1) chiarisce che poiché il datore di lavoro non si è presentato , i fatti dedotti nell’interrogatorio devono ritenersi provati, laddove valutati insieme alle altre prove, nel nostro caso, quelle testimoniali e documentali.

La sentenza

Il Giudice del lavoro (2) ha così accolto la domanda del giovane Caio e dopo aver inquadrato le mansioni svolte,secondo il contratto di categoria nel profilo di cameriere, ha condannato il datore di lavoro alla somma pari ad euro 6.873,40 quale retribuzione maturata nei 4 mesi di lavoro. Salutiamo con soddisfazione Caio. Contento, come se avesse fatto un gol, ci comunica che si sta trasferendo in Svizzera per giocare in una squadra locale. La somma lo aiuterà ad inserirsi.

Perché è importante?

Per dimostrare la sussistenza di un rapporto di lavoro, la mancata o inadeguata retribuzione, il lavoratore deve solo dimostrare l’esistenza, la durata , i compiti svolti e il livello retributivo . Non ha necessità di provare, secondo la giurisprudenza, di non aver ricevuto le maturate spettanze. Sarà il datore a provare i motivi del mancato adempimento.

NOTE

1. art. 232 cpc
2. Tribunale di Cosenza sentenza n. del 284/2023 del 21 febbraio 2023


Andrea Borsani Ho sempre creduto che ognuno possa fare la sua parte per migliorare le cose. Nel mio piccolo, voglio rendere l’esperienza giuridica semplice. Per questo, con i clienti ho un approccio da “amichevole avvocato di quartiere” e ho dato vita al progetto Simplius.

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