Se un lavoratore pubblico ottiene l’equo indennizzo perché la sua malattia/infortunio è collegata al lavoro, quel nesso causale è lo stesso che serve per chiedere il risarcimento danni al datore (1). Quindi, una volta provato il collegamento lavoro–danno, spetta al datore dimostrare di aver fatto tutto il possibile per evitare l’evento. È il principio affermato dalla Cassazione (2).
Un anestesista muore per infarto dopo turni pesanti. Era già stato riconosciuto l’infortunio per causa di servizio con equo indennizzo. In sede civile, gli eredi chiedono anche il risarcimento. Prima istanza e appello negano per “mancanza di nesso”. La Cassazione ribalta: il nesso ammesso per l’equo indennizzo vale anche per il risarcimento. Tocca al datore provare le cautele adottate.
Secondo i giudici per equo indennizzo e per risarcimento si guarda allo stesso collegamento tra lavoro e danno. Se parliamo della stessa attività e dello stesso evento, la prova è identica. Accertato quel nesso, il datore deve provare di aver prevenuto il rischio con tutte le misure possibili (organizzazione turni, riposi, personale, protocolli, ecc.). Non è responsabilità oggettiva, ma responsabilità per inadempimento degli obblighi di sicurezza se non prova di aver fatto il massimo. Viene così fatta una valutazione “complessiva” del lavoro: non si giudica solo “l’ultimo turno”, ma l’andamento del rapporto (carichi, stress, turnazioni, reperibilità).
Se ti hanno riconosciuto la causa di servizio e l’equo indennizzo, non finisce lì: puoi avere diritto anche al risarcimento pieno (danno biologico, patrimoniale, morale), se il datore non prova di aver fatto tutto per proteggerti. Per i datori/PA: non basta dire “il turno era nella norma”. Serve dimostrare procedure, prevenzione, personale sufficiente, riposi e monitoraggi concreti.
Sei un lavoratore/familiare: Conserva il provvedimento di causa di servizio/equo indennizzo; raccogli turni, e-mail, ordini di servizio, reperibilità, segnalazioni di stress/sovraccarico; certifica il profilo sanitario (referti, storico clinico); richiedi formalmente alla PA i documenti sulla sicurezza (organici, DVR, protocolli, piani turni); valuta l’azione di risarcimento: ora la prova del nesso è “allineata” all’equo indennizzo.
Sei una PA/Datore: mappa i rischi (anche stress lavoro-correlato) e documenta le misure adottate; organizza i turni evitando carichi “patologici”; forma e sorveglia: medicina del lavoro, audit interni, azioni correttive;conserva le evidenze: ti serviranno per provare di aver fatto il possibile.
La Cassazione rende più chiaro il percorso: stesso nesso per equo indennizzo e risarcimento.
Ricorda: «Per i lavoratori significa tutele più efficaci; per i datori, la necessità di prevenire e documentare ogni misura di sicurezza.»
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