Quando la banca paga gli errori dei suoi dipendenti? Un caso di omessa vigilanza e cautela

La Cassazione riconosce che anche la banca può essere responsabile per il danno causato da un proprio dipendente, se ha omesso controlli e cautele organizzative.

24 Ottobre 2025


Se un dipendente commette un errore o un furto, la banca può esserne ritenuta responsabile. Lo ha stabilito la Cassazione (1): quando mancano controlli e cautele, anche il datore di lavoro deve rispondere del danno.

Il caso

In una filiale bancaria scompare una somma di denaro molto consistente, quasi novantamila euro. Una cassiera, a fine giornata, ripone i contanti nella cassaforte ma dimentica di chiuderla correttamente. Il collega ne approfitta e sottrae l’intero importo. La banca accusa la dipendente e le chiede di restituire tutto. Sembrava un caso chiuso, ma la vicenda arriva fino alla Cassazione, dove emerge un dettaglio decisivo: il collega “infedele” aveva precedenti penali e disciplinari. La banca lo sapeva, ma non aveva fatto nulla per prevenirne l’accesso ai valori o avvisare gli altri dipendenti.

La decisione della Cassazione

I giudici hanno confermato che la cassiera aveva agito con leggerezza, ma hanno aggiunto che la banca non è esente da colpa. Un datore di lavoro deve infatti garantire un’organizzazione sicura e controllata, soprattutto quando si maneggiano somme di denaro. La Suprema Corte ha quindi stabilito che la banca è corresponsabile del danno perché non ha vigilato e non ha adottato le cautele necessarie. In sostanza, non basta punire chi sbaglia: bisogna anche dimostrare di aver fatto di tutto per evitare che l’errore accadesse.

Perché la banca è corresponsabile?

La responsabilità della banca nasce da una serie di comportamenti mancanti o inadeguati:
A. non ha informato la filiale dei precedenti del dipendente autore del furto;
B. non ha limitato l’accesso alla cassaforte o predisposto sistemi di blocco più rigidi;
C. non ha formato il personale sulle regole di chiusura e sicurezza;
D. non ha vigilato sull’applicazione delle procedure interne.
Tutte queste omissioni costituiscono un difetto di organizzazione.
La Cassazione ha chiarito che, quando un danno deriva anche da mancanza di vigilanza o da una cattiva gestione interna, il datore di lavoro risponde insieme al dipendente.

Le regole che fondano la responsabilità

1️⃣ Concorso di colpa del datore di lavoro – Se il datore contribuisce, anche solo in parte, a creare le condizioni del danno, non può pretendere il risarcimento per intero【2】.

2️⃣ Responsabilità per fatto dei propri collaboratori – L’azienda risponde anche delle omissioni dei propri dirigenti e responsabili interni, come il direttore di filiale【3】.

3️⃣ Obbligo di organizzazione e vigilanza – Chi dirige un’impresa deve adottare tutte le misure idonee a prevenire danni prevedibili, specie quando si tratta di denaro o beni sensibili.

4️⃣ Principio di buona fede – Ogni datore deve agire con correttezza, proteggendo i lavoratori e la stessa azienda da rischi noti o prevedibili【4】.

Perchè è importante?

Per le imprese, questa decisione è un richiamo forte, non basta scrivere le regole, bisogna metterle in pratica e controllare che vengano rispettate. Formazione, informazione e vigilanza non sono un optional. Servono a evitare che un singolo errore diventi un danno collettivo. Chi organizza il lavoro deve garantire che ogni rischio prevedibile sia ridotto al minimo. Se non lo fa, condivide la colpa.

🔍 Ricorda: La fiducia è importante, ma senza controllo diventa un pericolo e fonte di risarcimento per il datore che non vigila.
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NOTE
  1. Cassazione Civile, Sez. Lavoro, Ordinanza 2 ottobre 2025, n. 26575.
  2. Art. 1227 c.c. – Concorso del fatto colposo del creditore
  3. Art. 1228 c.c. – Responsabilità per fatto degli ausiliari.
  4. Artt. 1175 e 1375 c.c. – Buona fede e correttezza nei rapporti contrattuali.

Andrea Borsani Ho sempre creduto che ognuno possa fare la sua parte per migliorare le cose. Nel mio piccolo, voglio rendere l’esperienza giuridica semplice. Per questo, con i clienti ho un approccio da “amichevole avvocato di quartiere” e ho dato vita al progetto Simplius.

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